propoli«Ha un saporaccio non la voglio!» Era la risposta che davo a mia mamma quando mi inseguiva brandendo un cucchiaino stracolmo di un liquido giallo-scuro.
«Fa bene alla gola e non ti fa venire la febbre alta», diceva.
Quel liquido dal sapore acre-amaro altro non era che un estratto idroglicerico di propoli.
Una storia molto antica quella della propoli: gli Egizi la usavano per mummificare le spoglie dei morti, Greci e Romani la raccoglievano per curare e cicatrizzare ferite e piaghe cutanee. Gli Inca oltreoceano la usavano per contrastare gli stati febbrili e, più recentemente, i popoli della Russia del XII secolo la impiegavano in caso di gengivite o altre affezioni del cavo orale.

L’importanza della propoli è insita nell’etimologia della parola stessa, infatti, per i greci (Pro-davanti, Polis-città) stava ad indicare ciò che era davanti la città, a difesa di essa. Nel nostro caso, potremmo aggiungere, a difesa dell’organismo.
Il vero artefice di tutto però, è l’ape che con le sue zampette raccoglie una resina naturalmente presente sui germogli e sulla corteccia di varie specie di piante (pioppi, salici, betulle, ontani, noccioli, querce, faggi, pini, abeti). Successivamente, con l’ausilio di cere ed enzimi da lei prodotti, la resina viene elaborata e trasformata in un prodotto finale, la propoli. L’utilizzo che ne fanno le api è di difesa della loro “città” (l’alveare) da parassiti e agenti esterni. Non da meno, funge da materiale isolante e di rivestimento della superficie interna delle celle dove vengono deposte le uova.

È una matrice biologica molto complessa, le cui caratteristiche fisiche e chimiche sono influenzate da molti fattori tra cui l’ambiente, la stagione e la pianta di raccolta della resina. Queste le principali variabili che influenzano caratteristiche come il colore (giallo-verde al rossiccio fino al nero), l’odore, il sapore (acre-amaro fino a dolce), ma soprattutto la composizione biochimica.
Ad oggi, sono stati identificati più di 300 composti di varia natura chimica raggruppabili in tre grandi famiglie. Oltre il 75% sono resine e cere vegetali. Il 5-10% è costituito da oli essenziali. La rimanente percentuale si compone di zuccheri, vitamine, minerali, acidi organici e metaboliti secondari tra i quali polifenoli e flavonoidi.
Le proprietà terapeutiche della propoli sono dovute alla presenza di quest’ultima classe di composti i cui principali esponenti sono: apigenina, pinocembrina, galangina, crisina, quercetina e l’acido organico caffeico.

Studi clinici condotti utilizzando estratti secchi o liquidi di propoli, ricchi in polifenoli e flavonoidi, hanno mostrato una spiccata attività battericida su ceppi di batteri gram positivi come stafilococchi e streptococchi e, in minor misura, su batteri gram negativi come helicobacter pylori. Ciò che ne consegue è quindi un antibiotico naturale, capace di inibire la proliferazione batterica da solo o in sinergia alla terapia convenzionale.

Il suo spettro di azione non si limita solo all’azione battericida, ma si espande anche alla grande famiglia dei virus. Herpes virus, virus dell’influenza A e B e virus parainfluenzali hanno dimostrato sensibilità nel trattamento con la propoli.

L’azione antibatterica e antivirale è accompagnata e sostenuta anche da una spiccata capacità antinfiammatoria, questo grazie all’inibizione della produzione di molecole come prostaglandine e leucotrieni che sostengono la flogosi e vengono tipicamente espresse in caso di infezioni da agenti patogeni.

Queste evidenze fanno sì che la propoli venga ampiamente utilizzata come rimedio nelle affezioni delle vie respiratorie medio-alte tra cui tracheiti, faringiti, sinusiti, tonsilliti e sindromi influenzali.
Va però sottolineato che tale rimedio non è esente da possibili reazioni avverse come sensibilizzazione di natura cutanea (orticaria) e respiratoria (asma).
Avrà anche un cattivo sapore, ma si dimostra un abile alleato contro i mali di stagione…e non solo!

 

Dott. Francesco Ielmini